martedì 5 novembre 2013

We can't get enough of

That's how songs lyrics really crush into people's ears.

(Duvinblanc reinterpreting "Mrs Cold, Kings of Convenience")

I'd rather be Mrs. Cold, acting so tough.
You didn't know I had it in me.. so be hurt at all.
You waited too long
You should've hook me,
And never put your raincoat on

Oh you get it
Please tell me that you see
I am fronting because I do not wanna find myself vulnerable around you
Oh you get it
Please tell me that you see
Damn, I do feel vulnerable around you

Tell me: “Hey, baby
what's going on?”
And I’ll loose control and loose my tongue
But I will not loose you
No deaf in our ear
Cause nothing you can say is gonna change the way I feel

Oh you get it
Please tell me that you see
Please tell me that you see
Damn, I do feel vulnerable around you
Oh you get it
Please tell me that you see
And now please step - really - close to my boundaries

I wanna you around to see
That I do feel vulnerable around you

Hey baby
What is love?
It is just a game
We're both playing and we can't get enough of
We're both playing and we can't get enough of
We're both playing and we can't get enough of

giovedì 3 ottobre 2013

Nulla due volte - atto I

Caro compagno dell'asilo, elementari, medie e anche parte delle superiori, mi dispiace.

Mi dispiace per lo zaino scarabocchiato con l'uniposca, per l'astuccio rigido con i pennarelli senza tappo, per il diario con attaccate le foto di Dylan e Leonardo Di Caprio e, ebbene si, i testi delle canzoni di "non è la rai".
Mi dispiace per i vestiti della onyx, la tuta in tessuto acrilico, le camicie a quadri over, ma davvero molto molto over size. Mi dispiace per gli occhiali tondi, gli orecchini di tessuto con i fiocchetti, le dottor martens, ma, sopratutto, per il cerchietto (spesso, tondeggiante ed in tessuto) indossato con i capelli legati dietro la nuca.

Tenero, esile e spaurito compagno, mi dispiace.
Mi dispiace perché, a 4 anni, ero la stessa identica donna di adesso e tu, povero piccolo gerino tutt'ora in fase di sviluppo, non te ne accorgevi. Non è colpa mia se i power rangers, il calcio, gli aeroplani di carta ed i giochi di (seria) resistenza fisica ti impedivano di vedere che tolte quelle calze fino a metà coscia, eliminata quella frangia anni '80, pulito quel trucco che si accennava, sbavato, sulla mia pelle, c'ero io.

E adesso, dolce ricordo della fase pre e post adolescenziale, mi dispiace. Mi dispiace di indossare elegantemente le borse (anche a tracolla), di adorare il porta biglietti da visita abbinato alla moleskine, di guardare trhiller con tanto sangue, di ascoltare i Radiohead, di mettere tubini superaderenti, top a spalle nude e jeans a vita bassa. Mi dispiace perché i miei occhi vedono benissimo, i pendenti alle orecchie mi donano molto, i tacchi alti 12 cm mi slanciano da paura ed anche perché i capelli, sono sempre biondi, morbidi e profumati. Solo che, adesso, li sciolgo.

La cosa per cui realmente mi dispiace è il fatto che tu stia rosicando pensando che avresti potuto approfittare di "obbligo o verità" per fare qualcosa che oggi avrei potuto ricordare e, invece, semplicemente, no.... che ti stai maledicendo perché avresti voluto essere stato più concentrato sulla sostanziale potenzialità che avevi davanti e, invece, semplicemente, no.... che ti stai sbattendo perché anziché aggiungermi su FaceBook avresti dovuto chiedermi di uscire e, invece, semplicemente, no.

Ebbene, amabile strumento di appagamento dell'ego femminile, stai tranquillo, e non dispiacerti.
Anche a 30 anni, impara una lezione: nella vita "nulla due volte accade né accadrà (...) per tale ragione nasciamo senza esperienza e moriamo senza assuefazione".
Non te ne volere perché io non te ne voglio, ma io ti sono accaduta, a 4 anni, ed ero quella che sono ora. Tu, a 30 anni, sei quello che eri a 4.
Mi dispiace.

lunedì 30 settembre 2013

Me li compro. Lo stesso.

...finché non ti imbatti nella commessa.

Tu, strana creatura dell'occidente industrializzato, ambiguo strumento del settore tessile, assurdo portavoce dell'universo di Giorgio/Tom/Miuccia/Alberta, traballante anello di congiunzione tra Elle McPerson e...."me"...
A cosa servi? Perché esisti??

Non servi per darmi consigli, perché mi guardi con talmente tanta acidità che, se potessi, mi manderesti in giro con maglietta di cotone lilla, longuette di lycra beige e uggs, alla caviglia, neri.
Non servi per aiutarmi perché se mi piace una cosa che avevo visto in vetrina e te lo dico, tanto non c'è più.
Non servi per farmi spendere in modo sensato, perché, se fosse ancora viva, mi venderesti pure la dentiera di tua nonna.
Non esisti per dirmi "devi pensare che poi tanto cedono"...quelle scarpe che mi mozzano 4 (degli abobndanti 8) cm di pianta del piede .
Non esisti per dirmi "devi pensare che è una linea che si adatta ad ogni curva"... quella maglia che là appesa cade così bene mentre addosso mi si arriccia ed increspa come un capello che sfiora il fuoco.
Non esisti per dirmi "devi pensare di indossarli con i tacchi ed una camicia sciancrata"... quei pantaloni super slim fit che aderiscono ai miei quadricipiti come i pantaloncini di Totti dopo 90 min, più recupero, più due tempi supplementari, più i rigori.

No commessa, tu devi pensare...
Pensare di stare zitta, pensare di girarti da un'altra parte quando mi vedi entrare, pensare che non c'è nessuna che ti dia fiducia appena uscita dal camerino con quelle luci puntate sulle chiappe...pensare che la tua presenza in quel negozio ha la stessa utilità che avrebbe un pettine a denti stretti per un rasta... pensare che nessuna donna ancora ha capito quale sia in realtà il tuo ruolo dal momento in cui, nel peggiore dei casi, l'altra taglia gliela trova (e passa) l'amica...

Nonostante tu non serva, tu non esista, pensa che ti tollero.
E lo sai perché ti tollero?
Perché, in ogni caso, anche se non si chiude la zip, se so che quel colore a me proprio non dona, se sono consapevole del fatto che, se tutto va bene, forse potrò indossarli quando la temperatura della domenica pomeriggio di una imprecisata stagione lo consentirà, io, se li voglio, quei jeans, me li compro lo stesso.
Costi quel che costi. Commessa o non commessa.
Me li compro. Lo stesso.

martedì 24 settembre 2013

Colors

Pink gold
Peach skin
Purple card
Beige dog
Blue sheets
Black dress
White roses
Orange purse
Light blue eyes
Grey coat
Yellow tulips
Brown belt
Green sea
Red sun

We love better now

That's how songs lyrics really crush into people's ears.

(Duvinblanc reinterpreting "Lego house, Ed Sheeran")

You’re gonna pick up the pieces, and build a Lego house, so that when things go wrong we can - together - knock it down.
Your three words have two meanings, there’s one thing on your mind: and it’s all for me.
And it’s dark in a cold December, but you’ve got me to keep you warm....
And if I’m broken, you’ll finally mend me, and keep me sheltered from the storm that’s raging on.
No matter if you’re out of touch, and you’re out of love... you’ll pick me up when I’m getting down and out of all these things you’ve done, you think - and you do - love me better now.
No matter if you’re out of sight, you’re out of mind... you’ll do it all for me in time and out of all these things you’ve done, you think - and you do - love me better now.

I cant' wait for you to paint me by numbers and colour me in. If things go right - and they will - we can frame it, and put me on a wall.
And it’s so hard - and amazing - to say it, but you’ve been here before.
And you’ll surrender up your heart.
And swap it for mine, tha's yours.

You’re out of touch, you’re out of love, you’ll pick me up when I’m getting down, and out of all these things you’ve done, you think you love me better now.
You’re out of sight, you’re out of mind, you’ll do it all for me in time, and out of all these things you’ve done, you think you love me better now.

I'm here, don’t hold you down.
You think your braces are breaking and it’s more than you can take. I'm here.

And if it’s dark in a cold December, but I’ve got ya to keep me warm. And if you’re broken I’ll mend ya and keep you sheltered from the storm that’s raging on.
I’m out of touch, I’m out of love, I’ll pick you up when you’re getting down.
And out of all these things I’ve done I think I love you better now.
I’m out of sight, I’m out of mind, I’ll do it all for you in time.
And out of all these things I’ve done I think I love you better now.

lunedì 23 settembre 2013

intensità 2.0 - Atto I

Quando si soffre per qualcuno, l'unico modo (o il più efficace) per sentirsi padroni di se stessi è cancellare.
Non vuoi vedere, sentire, sapere, ricordare.
Vuoi solo immaginare di aver cambiato strada, di non aver sorriso ammicando, di non aver risposto a quella telefonata....e di non aver lasciato la mano tra le sue, di non aver baciato, ogni volta, come se fosse l'ultima volta....di non aver indossato quel vestito, quella sera, quello che ti scostava dalla schiena per toccare la pelle...di non aver ascoltato quella canzone di cui ha storpiato tutte le parole solo per farti ridere...di non avere sentito quel profumo, quello che ti faceva venire i brividi quando ti restava addosso.

Ma vedi, senti, sai e ricordi. E non resta che cancellare.
Cancellare 1243 files (tra scatti e video) dall'Iphone, il profilo di fb, quello di instagram, le conversazioni di whatsapp, il numero di telefono, i messaggi. Spingere il tasto "ERASE", gesto infinitamente più soddisfacente che smettere di frequentare i suoi amici, evitare i suoi locali, insultare le sue idee, biasimare le sue passioni.
Minimo sforzo massimo risultato: giorni, mesi o anni eliminati in meno di 30 secondi. Spingendo un solo pulsante del touch screen.

E poi continui a vedere, sentire, sapere e ricordare. Il tono della sua voce (dentro la tua testa), il calore del suo abbraccio (mentre ti infili il montone), la dolcezza del suo bacio (quando mangi un gelato).
Perché le foto stanno nel cervello, le informazioni nel cuore ed i ricordi in tanti piccoli ed acciaccati neuroni.

Quindi realizzi chi sei: carne, sangue, pulsazioni. Sei contatto, olfatto, gusto, udito e vista.
E scopri il potere.
Ecco cos'è.

Essere padroni di se stessi è la vera sconfitta, la libertà è figurare una sofferenza con lucida intensità.
Possibilmente quella ben calibrata, tipo quella delllo smart phone.


mercoledì 18 settembre 2013

Le scale mobili

"...che ci fa nella mia vita?"

Scendi le scale mobili di una metropolitana, quelle lunghissime, e sei, per un momento, parte del suo universo conosciuto; lo sguardo è così intenso da far anche arrossire un pò... senti che quel contatto è inappropriato, quasi fuor di luogo.
Ma ti piace, Dio, come ti piace quella superficiale profondità. Sei talmente dentro quel momento che ti ci abitui ancor prima di realizzare che sta accadendo. Poi siete vicinissimi, quasi vi sfiorate e, un secondo dopo, niente più.
Adesso, se vi giraste, quell'incontro idilliaco diventerebbe forzato, innaturale, faticoso...non sarebbe più la stessa cosa.

Occorre adattarsi al meccanismo, accettare che le scale mobili hanno fatto il loro dovere: quelle due vite erano destinate ad incontrarsi senza toccarsi.

martedì 17 settembre 2013

13 anni


Caro "ti amo",
come stai?
E' da 13 anni che non ho tue notizie e, mettendo da parte l'orgoglio, ho deciso di fare il primo passo.

Ricordo tutto di te... ricordo quando ci siamo incontrati per la prima volta: in spiaggia, al chiaro di luna, mi sei salito lungo la schiena e mi hai lasciata senza fiato. Eri potente, deciso, frastornante. Non temevi nulla, per te non esistevano conseguenze: esplodevi con tutta la tua forza e aspettavi di essere raccolto. Come se tutto il tuo destino fosse nato per essere consumato in un istante.
Ricordo te in motorino a girare senza andare da nessuna parte, a scuola sotto gli occhi vigili della prof di matematica, nelle lunghe telefonate in cui per ore non so assolutamente di cosa si parlasse, nelle lettere conservate - ancora - nel comodino accanto al letto.

Ricordo tutto di me....con te. Esistevi solo tu, nessun domani, nessun perché, nessun problema. Non c'erano pregiudizi, incompatibilità, angosce, pressioni, parametri prestabiliti, schemi sociali, dogmi convenzionali.
Rendevi flebile, inutile, superfluo tutto al di fuori di te, altro da te con me.

C'eri tu e c'ero io. Io con te.

Poi sei sparito. Ed hai lasciato me. Me senza te.
Intendiamoci, sto bene: ho sogni, ambizioni, speranze... sono attiva, impegnata, interessata, tendenzialmente serena, mediamente intelligente, potenzialmente simpatica. Il mio aspetto è curato, il mio cuore coccolato ed il mio cervello allenato.
Non ti cerco perché sto male, ma perché con te sto meglio.
Non ho bisogno di cambiare perché dove sono non posso più stare, ma perché con te non conta affatto dove stia.
Non credo di non potere fare a meno di te, ma non posso accettare di non correre il rischio di non fare a meno di me con te.

Voglio che la mia ragione, sopraffatta dalla tua imponenza, diventi finalmente lucida e realistica. Voglio che i miei occhi, imbevuti della tua alterigia, cestinino il filtro della finzione della mente. Voglio che il mio cuore, pieno di te, cominci a battere. E che smetta di farlo quando mi lascerai di nuovo.

Dopo 13 anni - quasi metà della mia vita - devo sapere dove sei. Devo sapere perché non mi hai mai più fatto avere tue notizie.
Ma, sopratutto, devo sapere perché devo stare senza di te.
E non mi interessa se stai proteggendomi da qualcosa o forse risparmiandomi il dolore di capire che non siamo fatti per stare insieme. So che esisti e questo mi basta per non accettare di non poterti avere.
Ho aspettato, ho studiato, ho riflettuto, ho esplorato, ho provato ed ho realizzato che io, senza di te, non ho gustato, non ho capito, non ho pensato, non ho scoperto, non ho conquistato. Non ho vissuto.

C'ho messo 13 anni, ma so che il mio posto è con te, perché solo là sono me e non sono disposta ad essere nient'altro.

Caro "ti amo", torna. Ti aspetto.
Anche dovessi farlo per altri 13 anni.

lunedì 16 settembre 2013

Cambria. 12.

L'ampia offerta di caratteri che offre word è affascinante; è facile perdersi scoprendo come la stessa parola diventi impossibile da leggere se si usa "Baveuse" ( - ?! - ma davvero "BAVEUSE"?!?!) piuttosto che "Verdana".
La soluzione è "Cambria": né posh, né chic, né trash, ma pulito, efficace, immediato ed elegante. E' come qualsiasi forma dovrebbe essere per rispettare la sostanza.

Perché la forma è la sostanza.

Formalmente, la forma è il lavoro a cui eri destinato, la donna che “fa per te”, il culo all'altezza giusta, la sciarpetta bohemien, il rolex da fighetto, il “no” al posto del “si” ed il “si” al posto del “ma vaff…..o”.
Se non lavori, non sei capace ma sfortunato, volenteroso ma incompreso, corretto ma silurato: sei un disoccupato (nullafacente) che non ha concluso niente di buono.
Se a 35 anni non sei sposato, non cerchi l’amore che non hai trovato, non hai disperatamente fallito e ancora raccogli i cocci, non stai bene così come stai con la tua vita: sei un single (con dei problemi) destinato a schiattare divorato dal suo animale domestico.
Se non hai il fisico scolpito, non sei un intellettuale, un tipo a cui piace mangiare o un poveraccio con problemi metabolici: sei un ciccione (flaccido) che non si sa cosa aspetti ad andare dal chirurgo.
Se non frequenti quei posti, con quegli amici, vestito in quel modo, non sei uno con la propria individualità e curiosità, a cui piace sperimentare e scoprire: sei uno sfigato (emarginato) che non ha personalità a sufficienza per omologarsi.

Ma, sostanzialmente, la forma è la sensualità dello sguardo con cui si decide di sostituire le parole, la rigidità delle regole di cui si ha bisogno per essere liberi, il gesto con la mano che invita a superare il varco di filo spinato del proprio territorio, la straordinaria efficienza dell’uso corretto della punteggiatura, la leale dimostrazione del rispetto per l’altro trasferito nella cura dei dettagli. È indossare quell’abito, svelare quel profumo, è dire la frase giusta, al momento giusto, con il tono giusto. È sorseggiare lentamente non trascurando di guardare, profondamente, nei suoi occhi. È poggiare le posate dopo ogni boccone per dedicare tutti e cinque i sensi a quel gesto. È fare gli auguri il giorno del compleanno, è rileggere prima di consegnare, è non buttare la carta per terra, è regalare fiori, è sorridere ad un bambino, è essere educati e composti… è ascoltare, richiamare, chiedere scusa, tornare indietro, ringraziare… è riscaldare l’auto quando fa freddo, bussare con delicatezza per non far rumore, farsi la ceretta per essere velluto, parlare s-c-a-n-d-e-n-d-o- b-e-n-e- l-e p-a-r-o-l-e per farsi capire, stringere forte in un abbraccio per farsi sentire.

La sostanza non è celata, ma esplosa dalla forma. Quella forma che sta nel coraggio di mentire, nella paura di sbagliare, nella forza di soffrire. Nella tenacia, nel vigore, nella dolcezza, nello stupore, nella debolezza, nella passione.

La vita è quello che si vuole che sia. A seconda del carattere.
La mia è un “Cambria”. 12.